Le tecnologie di desktop remoto sono da tempo radicate nella tradizione IT, ma l’emergenza pandemica, come è del resto accaduto per molte altre applicazioni digitali, ha loro prospettato una condizione di inaspettata popolarità. Alla “tradizionale” funzione di assistenza in remoto, si è infatti affiancata una concreta esigenza di supporto per il telelavoro e lo smart working. Grazie alla loro praticità, il desktop remoto e, più in generale, le tecnologie di virtualizzazione desktop (VDI) si ritrovano al centro di un dibattito che vede emergere nuovi modelli di business basati sul cloud, come il Desktop as a Service (DaaS), un servizio in cloud che potrebbe rappresentare la soluzione ottimale per le esigenze di lavoro da remoto.
Vediamo dunque quali sono le condizioni che rendono auspicabile l’utilizzo di un ambiente desktop remoto, alla luce di quella che è stata l’emergenza legata al Covid-19 e nella prospettiva del new normal che ci attende nei prossimi anni, quando assisteremo allo stabilizzarsi di una concezione del luogo di lavoro sempre più ibrida, rispondente al vero e proprio smart working.
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Telelavoro e Smart Working
La pandemia Covid-19 ha introdotto l’esigenza del distanziamento sociale, provocando di fatto un esodo di massa dai luoghi di lavoro, intesi quali i tradizionali uffici in cui eravamo soliti lavorare “dal lunedi al venerdi”. La continuità operativa si è riflessa in due condizioni: il telelavoro e lo smart working, accomunati da una condizione remota rispetto all’ufficio, ma piuttosto differenti a livello di modello organizzativo.
Il telelavoro coincide con lo svolgere nelle medesime modalità il lavoro che si svolge in ufficio: indicativamente stessi orari, stesse mansioni e stesso modello organizzativo. Lo smart working invece si riferisce più nello specifico ad una condizione flessibile, più funzionale al raggiungimento di determinati obiettivi, che non al semplice soddisfare alcune rigide routine pre-impostate. L’organizzazione agile che supporta i processi di smart working dovrebbe rendere più efficiente il lavoratore, oltre a garantirgli una maggior libertà nel conciliare le esigenze professionali con quelle indifferibili dalla vita privata.
L’obiettivo minimo per un’azienda, in condizioni di telelavoro, è il raggiungimento del medesimo livello di efficienza che avrebbe con gli stessi dipendenti in ufficio, mentre nei casi di adozione di un vero e proprio smart working, i benefici derivanti da un modello più agile dovrebbero tradursi in un incremento delle performance, anche piuttosto significativo nel caso di una strategia orientata al miglioramento continuo.
Pur in condizioni differenti, il telelavoro e lo smart working abilitano una necessità di accesso da remoto all’infastruttura IT aziendale, dove ritrovare gli strumenti operativi necessari per svolgere il proprio lavoro. Tale condizione è assicurata dai sistemi di desktop remoto, che consentono l’accesso a macchine fisiche o virtuali, con l’ulteriore possibilità data dall’usufruire in cloud dei più moderni ambienti Desktop as a Service (DaaS), un modello sempre più diffuso, che ha tutte le carte in regola per diventare un vero e proprio standard operativo.
Desktop remoto: cos’è e come funziona
Nella sua condizione più diretta, il desktop remoto consiste nell’accedere, appunto da remoto, al proprio pc in ufficio, utilizzando un altro dispositivo informatico, che sia un pc o un device mobile. Grazie ad una connessione diretta tra due dispositivi, l’utente può controllare da remoto una macchina, accedendo alle sue risorse, tra cui l’accesso ai dati presenti sull’eventuale server aziendale. Una volta abilitato un servizio di desktop remoto, è quindi possibile controllare una macchina a distanza, utilizzando gli stessi dispositivi di input (es. mouse e tastiera) della macchina con cui si interagisce per connetterci: sul nostro monitor, vedremo quindi comparire il desktop della macchina cui siamo connessi da remoto e da li potremo accedere a tutte le applicazioni utili.
Nella condizione più semplice, per abilitare l’accesso ad un desktop remoto occorrono una connessione di rete e, preferibilmente, un collegamento VPN (Virtual Private Network), una rete privata virtuale in grado di garantire soddisfacenti condizioni di privacy e sicurezza dei dati mediante un canale di comunicazione riservato tra dispositivi, con il vantaggio pratico che questi non devono per forza essere collegati alla stessa rete locale (es. LAN).
I sistemi di desktop remoto sono presenti quali servizi integrati nei più diffusi sistemi operativi (almeno nelle versioni professionali) o attraverso applicazioni di terze parti, che utilizzano interfacce e protocolli differenti per raggiungere sostanzialmente lo stesso obiettivo: consentire ad un utente di gestire una o più macchine da remoto.
I servizi di desktop remoto sono nati in primo luogo per connettere tra loro macchine fisiche e consentire ad esempio la gestione e manutenzione IT da parte dei sistemisti, piuttosto che l’accesso a file ed applicazioni in remoto da parte degli utenti finali. La connessione in remoto è un concetto che si applica in maniera molto efficiente anche alla virtualizzazione. È infatti possibile connettersi ad un sistema operativo desktop installato su una macchina virtuale, condizione che consente di sfruttare anche nell’ambito delle connessioni in remoto un’ampia gamma di vantaggi offerta dalle tecnologie di virtualizzazione, sia in termini di flessibilità operativa che di sicurezza generale.
Virtualizzazione Desktop: flessibilità e sicurezza
I desktop virtuali possono essere intesi quale un ulteriore livello di remotizzazione rispetto alla connessione diretta ad una macchina fisica attraverso la rete. L’ambiente desktop viene infatti virtualizzato su un server, a sua volta fisico o virtuale, cui l’utente finale può accedere da qualsiasi posizione nella rete. Rispetto al desktop remoto “tradizionale”, un desktop virtuale consente di godere di una maggior flessibilità e scalabilità, tipica di un sistema VDI (Virtual Desktop Infrastructure).
Per avere una semplice percezione della differenza tra un desktop remoto su macchina fisica ed un desktop virtuale è sufficiente porre l’attenzione sul fatto che il primo rimarrà sempre limitato, nel bene e nel male, dalle specifiche della macchina stessa, che possono diventare ridondanti o insufficienti al variare delle esigenze operative dell’utente finale. Nel caso della virtualizzazione, soprattutto quando si appoggia su un’infrastruttura cloud, è possibile creare una condizione scalabile, per cui al variare delle esigenze, il sistema è in grado di riallocare, anche automaticamente, le risorse necessarie, per soddisfare in maniera dinamica qualsiasi richiesta.
Un ulteriore vantaggio offerto dalla virtualizzazione del desktop è relativo alla sicurezza. Mentre la connessione ad un desktop remoto su macchina fisica presenta una serie di evidenti vulnerabilità, accentuate dal fatto che gli utenti si collegano da posizioni che sfuggono al controllo centralizzato dell’IT aziendale, un desktop virtuale è facilmente isolabile rispetto alle minacce esterne. La centralizzazione della sicurezza consente di implementare servizi di autenticazione e controllo più semplici da controllare, oltre a presentare una condizione cui è più semplice rimediare nel caso in cui si presenti una minaccia.
Nel caso di un’infezione virale, il desktop virtuale rimane isolato rispetto all’hypervisor e più in generale rispetto al server fisico che lo ospita. Per ripristinarlo sarà sufficiente riprodurre un’istanza o uno snapshot ritenuto affidabile. Nel caso di un desktop remoto su una macchina fisica, un’infezione potrebbe costringere a dover ripristinare l’intero sistema, con un rischio più elevato anche per quanto concerne la perdita dei dati. L’utilizzo di un desktop virtuale disincentiva inoltre la fuoriuscita dall’azienda dei dati sensibili, in quanto si riduce l’eventualità che l’utente debba trasferirli in locale per svolgere le lavorazioni previste. I punti maggiormente sensibili, che corrispondono ai device con cui gli utenti si connettono da remoto, risultano dunque in grado di condizionare in maniera più marginale la sicurezza generale di un sistema dotato di una protezione centralizzata lato server.
La virtualizzazione del desktop è possibile sia on-premises che in cloud, ed in questo ambiente infrastrutturale può abilitare dei veri e propri modelli di business, basati esclusivamente sui servizi, come accade ormai da molto tempo per quanto riguarda i software applicativi.
Desktop as a Service: il nuovo modello di business cloud native
Un ulteriore livello di remotizzazione è offerto dal modello Desktop as a Service (DaaS), implementato in maniera nativa su una piattaforma cloud. Oltre a tutti i vantaggi generici del cloud, relativi all’esonero per le aziende dall’investimento su una infrastruttura IT proprietaria e alla scalabilità funzionale alla quantità di risorse effettivamente richieste, un DaaS consente di disporre in maniera pressoché immediata di un ambiente desktop accessibile mediante un semplice browser da qualsiasi device. Un approccio chiavi in mano, che consente di essere subito operativi, senza dover affrontare quelli che molto spesso si traducono in lunghi e complessi processi di configurazione e manutenzione.
Grazie al continuo lavoro operato dal provider del servizio, un DaaS offre all’utente finale, in maniera totalmente trasparente, la versione più aggiornata delle applicazioni, esonerando l’IT aziendale da quegli interventi che si renderebbero necessari con le installazioni desktop on-premises.
Queste condizioni, utili e funzionali per il telelavoro, diventano una condizione operativa estremamente vantaggiosa nel caso del caso dello smart working, che prevede un modello organizzativo decisamente più agile e vario nella configurazione richiesta dai suoi utenti.
Desktop Remoto e Smart Working: il ruolo centrale del Change Management
A prescindere dalla tipologia di desktop remoto che si intenda utilizzare, è necessario, o comunque decisamente auspicabile affrontare un processo di change management, per introdurre in azienda importanti cambiamenti che non risiedono soltanto nello strumento di lavoro, ma soprattutto nel mindset che i dipendenti devono adattare per incrementare la propria efficienza nel contesto della trasformazione digitale.
Nel caso dello smart working, è essenziale comprendere soprattutto il significato del cambiamento del modello organizzativo. Finché un dipendente rimane limitato alla visione delle otto ore, tipiche della tradizionale vita in ufficio, ben difficilmente potrà capitalizzare gli investimenti e gli sforzi effettuati dall’azienda per ammodernare la propria dotazione IT.
Anziché imporre “dall’alto” determinate variazioni nelle pipeline di lavoro, è infatti preferibile assecondare una transizione procedendo per fasi, in modo da implementare i nuovi strumenti con tempistiche funzionali all’adattamento delle lavorazioni da parte dei team che le supportano. Le nuove tecnologie, per quanto efficienti, rischiano di rivelarsi inefficaci o sotto utilizzate, qualora non fossero supportate dal consenso diffuso nel riconoscere e nel mettere in pratica le nuove modalità di lavoro previste.
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