
Un ambito in costante fermento e innovazione, in grado di offrire immense opportunità sia alle aziende che ai professionisti, è quello della sicurezza informatica. Un universo estremamente attuale e fondamentale per qualsiasi brand in ogni angolo del mondo, che allo stesso tempo rappresenta un’ottima finestra per chi è appassionato del settore.
Lo sviluppo delle nuove tecnologie, la digitalizzazione, l’utilizzo di Internet: tendenze e strumenti moderni che permettono agli utenti di accedere a milioni di risorse. Ma, dall’altro lato, sottopongono a un costante rischio dati e informazioni sensibili.
Proteggere i dati dal rischio di attacchi informatici è un’attività indispensabile per ogni azienda. Sapere come combattere le minacce informatiche è possibile anche grazie al contributo di una particolare figura professionale: l’ethical hacker. Chi è l’ethical hacker, dove lavora, quali sono le sue competenze e come intraprendere questa carriera? Scopriamo tutto ciò che occorre conoscere sull’attività di questo professionista.
Indice dei contenuti
Ethical hacker: chi è e dove lavora
Affrontare Malware, attacchi phishing, attacchi informatici e minacce costanti impongono, alle aziende moderne, di mantenere in continuo aggiornamento la strategia e i sistemi di sicurezza informatica. Ne va della reputazione e dell’esistenza stessa dell’impresa, che può subire immensi danni reputazionali ed economici a seguito di un attacco malevolo.
Una delle figure più importanti per la sicurezza informatica aziendale è l’ethical hacker. Questo professionista, specializzato in cyber security, si occupa di individuare le eventuali vulnerabilità che potrebbero rappresentare una porta d’accesso per i criminali informatici. L’obiettivo dell’ethical hacker è quello di individuare la falla, prevenendo gli attacchi e anticipando le mosse dei black hat.
L’ethical hacker, meglio conosciuto come white hat, è un esperto in grado di precedere gli attacchi informatici, simulandone l’azione e anticipando le mosse del back hat. Utilizzando sofisticate tecnologie, l’hacker etico può simulare gli attacchi con la finalità di individuare le vulnerabilità del sistema. L’ethical hacker può infiltrarsi in reti protette valutando l’efficacia del sistema di sicurezza e delle misure adottate.
I compiti dell’hacker etico sono:
- effettuare penetration test di applicazioni web, sistemi e infrastrutture IT;
- testare le porte di accesso ai sistemi, individuando le eventuali porte lasciate aperte;
- simulare attacchi hacker;
- verificare il sistema di sicurezza legato alla gestione dei dati sensibili (pagamenti, password o login).
Nonostante il lavoro dell’ethical hacker sia volto a potenziare il sistema di sicurezza informatica aziendale, spesso le sue azioni entrano in conflitto con le normative riguardanti il tema della privacy, della tutela del consumatore e della segretezza aziendale. Negli ultimi anni sono stati presi provvedimenti a riguardo: numerose le certificazioni utili a qualificare come positive le azioni del white hat. Una delle più importanti certificazioni è la Certified Ethical Hacker (CEH), promossa dall’International Council of Electronic Commerce Consultants (EC-Council).
Un ethical hacker può trovare impiego presso aziende e imprese impegnate in qualsiasi settore. Lavorerà come cyber security consultant sotto la direzione del responsabile della sicurezza informatica. Potrà avviare, inoltre, una carriera in qualità di libero professionista oppure lavorare presso una società di consulenza informatica.
Competenze principali per l’ethical hacking
Nonostante non esista ancora uno specifico percorso di studi per diventare ethical hacker, questa professione richiede una formazione specialistica che prevede:
- il conseguimento della laurea in Informatica, Ingegneria Informatica oppure Fisica o Matematica;
- la frequentazione di uno o più corsi di specializzazione in ambito cyber security;
- l’aver seguito specifici percorsi professionalizzanti.
Le competenze dell’ethical hacker comprendono:
- la conoscenza dei principali linguaggi di programmazione, come Python e Bash;
- la capacità di utilizzare le tecniche di penetration testing e vulnerability assessment. In particolare, l’hacker etico deve saper eseguire penetration test e analizzare le vulnerabilità per prevenire attacchi DDoS o attacchi di social engineering;
- la dimestichezza con i tool di reverse engineering;
- le competenze e la dimestichezza con framework e tool per la simulazione dei cyber attacchi (Nessus, Nexpose, Nmap, W3af, Metasploit, Burp Suite);
- la conoscenza delle normative in materia di privacy e trattamento dei dati.

Come diventare ethical hacker
Contrastare il crimine informatico ottimizzando il sistema di sicurezza aziendale è l’obiettivo dell’ethical hacker: diventare un esperto in cyber security significa, innanzitutto, specializzarsi in questo ambito. Generalmente un ethical hacker possiede una laurea, ha seguito percorsi post-laurea (tra cui master specifici in cybercrime management, IT investigation). Pertanto, chi desidera intraprendere questo lavoro, dopo la laurea dovrà seguire master e corsi di formazione dedicati alla sicurezza informatica e all’investigazione. Inoltre, dovrà specializzarsi in tecniche e tecnologie di ultima generazione quali il penetration test.
Quanto guadagna un hacker etico
Le attività di hackeraggio di tipo “bianco” sono sempre più richieste dalle aziende di tutto il mondo. Con l’aumento delle tecnologie, delle connessioni e delle reti, in parallelo si riscontra un aumento degli attacchi e delle minacce informatiche. Questo scenario vede la figura dell’ethical hacker al centro di numerose attività legate alla protezione dei dati sensibili.
Anche per questo, in base alle proprie competenze e all’esperienza, non sarà difficile trovare una posizione lavorativa come ethical hacker. Il mercato del lavoro riserva molte opportunità a questa figura professionale, anche per quanto riguarda la soddisfazione economica. Lo stipendio dell’hacker etico, infatti, si aggira mediamente intorno ai 53.000 euro lordi all’anno.
Qual è la differenza tra hacking etico e hacking “tradizionale”?
Hackeraggio non è sempre sinonimo di malus. Gli hacker, infatti, possono essere suddivisi in tre diverse categorie:
- white hat. Ovvero, l’ethical hacker, categoria che comprende gli studiosi e gli esperti di programmazione. Queste figure professionali hanno l’obiettivo di trovare soluzioni in grado di massimizzare i livelli di protezione offerti all’azienda e all’utente. Un white hat effettua penetration test, mettendo alla prova i sistemi di sicurezza affinché si possano individuare le falle e risolverle il prima possibile;
- black hat. Ovvero, i cosiddetti cracker. Esperti in informatica che attaccano sistemi, computer e reti con l’obiettivo di distruggerli, manometterli o prenderne il possesso. Il fine ultimo di un black hat è quello di monetizzare, ingannando l’utente, installando malware, inviando script malevoli e rivendendo i dati o i file sensibili sul dark web, o utilizzandoli per richiedere un riscatto. Botnet, attacchi DDoS e altri attacchi informatici vengono condotti dai black hat. A loro volta, questi hacker si suddividono in script kids (hacker in erba che manomettono i sistemi usando programmi acquistati nel dark web), wannabe o lamer (persone ancora non abbastanza competenti per effettuare un attacco, che mirano a diventare cracker) e i cracker esperti;
- gray hat. Questi “cappelli grigi” rappresentano una combinazione tra ethical hacker e cracker. Trattasi di esperti che da un lato cercano le falle con lo scopo di offrire una soluzione, dall’altro accedono al sistema senza autorizzazione, con l’obiettivo di monetizzare. Quite, paranoid, skilled hacker, esperti in penetration test e in programmazione in grado di condurre un attacco in autonomia, senza automazioni: questi i gray hat. Essi testano i sistemi informatici senza autorizzazione e, quando individuano la vulnerabilità, non ne approfittano (come farebbe un black hat) ma richiedono un compenso all’impresa per comunicare l’esatta ubicazione della falla, in modo che l’azienda possa velocizzare il processo di chiusura della vulnerabilità riscontrata. Trattasi, in sostanza, di professionisti che operano esclusivamente per il proprio tornaconto economico, ma che, a differenza del black hat, non rappresentano una vera e propria minaccia pur richiedendo una ricompensa.
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