
In uno scenario di evoluzioni offerte da grandi rivoluzioni epocali, come l’intelligenza artificiale e l’Internet of Things, il principio di Zero Trust Security può fare la differenza. Questo modello parte da un presupposto chiaro: non esistono scenari basati sulla fiducia implicita.
Un’architettura Zero Trust prevede un controllo costante di tutti i dispositivi e gli individui che fanno parte del sistema IT. Se viene affidato un carico di lavoro, bisogna verificare che ci siano sempre i requisiti e le esigenze. E che non vengano fatte eccezioni in termini di protezione dei dati aziendali e della sicurezza in rete. Sembra un principio di buon senso ma c’è bisogno di approfondire gli aspetti strategici di Zero Trust model.
Indice dei contenuti
Cos’è il modello Zero Trust?
Con questo termine intendiamo un approccio sistematico alla sicurezza delle infrastrutture IT e alle risorse digitali, sia hardware che software, di un’azienda. Ma cosa significa Zero Trust Architecture (o ZTA per gli addetti ai lavori)? Semplice, è un modello di sicurezza informatica dove la stella polare è il principio del never trust, always verify. Ovvero, chi opera rispetto alla sicurezza interna deve sempre verificare ogni passaggio.
Questo approccio alla cybersecurity si sviluppa negli anni 2000 e trova il suo nome grazie a John Kindervag. In passato, infatti, i modelli di sicurezza informatica ruotavano intorno a un approccio differente. Che era noto come trust but verify. Ovvero questo significa concedi fiducia ma verifica.
L’idea di base era che all’interno della rete aziendale tutto era ritenuto affidabile. Mentre le minacce dovevano arrivare soprattutto dall’esterno. Kindervag, invece, ha proposto una soluzione differente in un documento per Forrester Research: nessun utente o dispositivo, all’interno o all’esterno della rete, dovesse essere considerato affidabile per default.
I principi del modello Zero Trust
Quali sono i punti per gestire un approccio Zero Trust per reti lan o cloud in azienda? Ci sono alcuni aspetti da prendere in considerazione. Ad esempio, uno dei pilastri fondamentali è il concetto di verifica continua per proteggere l’azienda da minacce digitali come i ransomware.
Ogni accesso alle risorse deve essere autorizzato in base a diversi fattori. Come username, dispositivo e contesto. Su questo fronte lavoriamo con il concetto di Zero Trust Network Access (ZTNA): ogni accesso a risorse o dati deve essere sempre autenticato, indipendentemente dalla posizione dell’utente o del dispositivo, seguendo le regole dell’identity management. E solo ad applicazioni specifiche, quelle necessarie.
Tutto ciò si intreccia con un altro principio del Zero Trust model: l’approccio al privilegio minimo. Gli utenti e i dispositivi, con il least privilege access, hanno accesso solo alle risorse strettamente necessarie per svolgere le funzioni. In modo da ridurre la superficie di attacco.
La sicurezza dei dati aziendali legata al minimo privilegio si accompagna alla possibilità di suddivisione della rete per ridurre i rischi e limitare la diffusione degli attacchi. Questo concetto, noto anche come Zero Trust segmentation, è così importante che lo stesso John Kindervag offre parole importanti per descrivere la centralità del processo:
The first thing you need to know is what you’re protecting. You can’t protect what you can’t see. Then, put controls as close as possible to the things you’re trying to protect. That is the act of segmenting.”
Implementando la microsegmentazione, o ZTS, i team di sicurezza ostacolano la diffusione di attacchi e migliorano la cybersecurity, apportando notevoli vantaggi all’azienda. Azienda che deve essere sempre pronta al monitoraggio continuo e all’analisi dei problemi che potrebbero insorgere per affrontare le cyberminacce in tempo reale.
Vantaggi di Zero Trust per le aziende
Prima di capire come implementare questa strategia, dobbiamo affrontare un argomento decisivo: perché le imprese dovrebbero investire su un Zero Trust network? In primo luogo c’è una solida base da considerare: puoi ottenere, sicuramente, una maggiore protezione contro ransomware e attacchi da SQL Injection.
Questo ti permette di essere a norma e risparmiare tutto ciò che deriva da un furto di dati o un’azione dannosa nei confronti del database da parte dei cybercriminali. Ma il Zero Trust è anche un modo per rispettare le normative GDPR e NIS2, oltre a essere un’ottima soluzione per trasformare in realtà il tuo progetto di remote working sicuro.
C’è anche una riduzione del rischio legato agli insider threat, una minaccia che viene ridefinita proprio grazie alla Zero Trust Security in cui si pensa di dover difendere l’infrastruttura dalle minacce interne come quelle che possono arrivare dai dipendenti, in modo consapevole o meno. Come avviene con il phishing.
Sfide e criticità nell’adozione di Zero Trust
Abbiamo elencato i motivi che dovrebbero spingere la tua azienda a intraprendere un percorso basato sul Zero Trust e altre strategie di cybersecurity. Ma quali sono gli aspetti che possono frenare un percorso del genere? Anche di fronte a minacce sostanziali, come un Zero Day Exploit, ci può essere una resistenza al cambiamento più o meno intensa da parte del team IT.
Sono problemi da risolvere con una buona formazione e un coinvolgimento costante, a tutti i livelli, nei processi di cambiamento ed è chiaro che tutto questo si traduce in notevoli costi per applicare il modello di sicurezza Fiducia Zero.
Senza dimenticare gli impedimenti che spesso si intercettano quando bisogna integrarsi con le infrastrutture legacy, ovvero quei software obsoleti che si continuano a usare perché impossibile (o molto difficile) rimpiazzare. In questi casi, diventa complesso lavorare sulla sicurezza informatica e sulla protezione dei dati aziendali.
Come implementare Zero Trust in azienda?
Passiamo alla fase operativa di automazione della sicurezza grazie alla metodologia Zero Trust: come si attiva questa strategia per aumentare la robustezza delle strutture IT nella tua impresa? Le soluzioni ci sono e i principi si dividono in 4 elementi decisivi per l’affidabilità digitale interna.
Identificare utenti e dispositivi
Parliamo della gestione degli accessi, il primo passo per applicare il modello Zero Trust. Devi gestire le identità digitali e controllare come interagiscono con account e device- ad esempio impostando il principio del minimo privilegio (PoLP) – per garantire che solo gli utenti e i dispositivi autorizzati possano operare nei sistemi aziendali.
Protezione delle applicazioni e dei dati
Siamo in linea con l’applicazione degli controlli di accesso granulari? Zero Trust si basa su una segmentazione rigorosa per ridurre la superficie di attacco. Devi sigillare le risorse dietro un perimetro virtuale accessibile agli utenti verificati. E pensare alle migliori policy di sicurezza avanzate per difendere risorse critiche da minacce interne ed esterne.
Monitoraggio e risposta agli incidenti
Quindi parliamo di SIEM, SOC e UEBA: ovvero gli ingredienti fondamentali per un lavoro Zero Trust. Si passa dai software avanzati per raccogliere e analizzare i log di sistema e si arriva al team dedicato alla sicurezza che monitora e risponde agli incidenti in tempo reale: l’AI è importante ma alla base c’è l’intervento umano.
Automazione della sicurezza IT
Ottimizzare la protezione aziendale con soluzioni di orchestrazione, intelligenza artificiale e machine learning è diventato un imperativo. Per garantire l’efficacia del modello Zero Trust, le aziende devono rispondere in modo rapido ed efficace alle minacce. E questi strumenti ti permettono di operare proprio in questa direzione
Tecnologie per la strategia Zero Trust
Chiaramente, non puoi applicare questi passaggi in azienda senza prendere in considerazione delle tecnologie specifiche. Come l’autenticazione multifattoriale, l’identity access management e l’endpoint detection and response. Cosa sapere in più su questi punti? Ecco gli approfondimenti.
Autenticazione Multi-Fattore (MFA)
Metodo di autenticazione che chiede al pubblico di indicare due o più fattori di verifica come password, token hardware, impronta digitale per accedere a un sistema. Questo ottimizza la sicurezza.
Identity and Access Management (IAM)
Un insieme di tecnologie e policy che gestiscono le identità digitali e i permessi di accesso degli utenti a risorse aziendali. Obiettivo? In questo modo puoi garantire che solo le persone autorizzate possano accedere alle informazioni che hai deciso di proteggere al meglio.
Endpoint Detection and Response (EDR)
Un passo decisivo se hai la necessità di monitorare e analizzare – chiaramente in tempo reale – gli endpoint della tua azienda. Metti al sicuro computer, server e qualsiasi dispositivo mobile per rilevare le minacce digitali dei cybercriminali informatici e rispondere con la giusta opzione.
Software-Defined Perimeter (SDP)
Ecco un approccio alla sicurezza basato sul concetto di Zero Trust. La caratteristica fondamentale: nascondere le risorse aziendali da utenti non autorizzati e consente l’accesso solo dopo un’attenta verifica dell’identità e del contesto.
Secure Access Service Edge (SASE)
Architettura di rete che combina funzioni di sicurezza come firewall, CASB, SWG, ZTNA e connettività in un’unica soluzione cloud, offrendo accesso sicuro e ottimizzato alle risorse aziendali.
Il futuro della sicurezza informatica è Zero Trust
La sicurezza del modello Zero Trust security è innegabile. Perché le aziende dovrebbero adottare questa strategia? Con una serie di attenzioni basate sulla prudenza e sulla prevenzione possiamo ridurre al minimo i rischi. Soprattutto se ad accompagnarti in questo percorso hai un’azienda che conosce i principi della sicurezza digitale. E può aiutarti a gestire i prossimi passi per implementare Zero Trust nella tua azienda.
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