Gli Small Data raramente riescono a ritagliarsi un ruolo di rilievo quando si parla di strategie aziendali, soprattutto se paragonati ai ben più noti Big Data, considerati il nuovo petrolio della nostra epoca e fondamentali per il mercato odierno.
La realtà, però, è che anche i Small Data possono rivelarsi preziosi, giocando spesso un ruolo chiave quando si devono prendere decisioni strategiche e significative.
Per questo negli ultimi tempi anche questi dati apparentemente minori hanno cominciato a essere presi in considerazione con più determinazione, acquistando grossa importanza e portando numerosi vantaggi.
Vediamo quindi in questo articolo cosa sono nel dettaglio e in quali casi conviene utilizzarli.
Indice dei contenuti
Cosa sono gli Small Data?
Per capire al meglio cosa sono gli Small Data, è utile partire da una breve definizione che Martin Lindstrom, autore ed esperto di neuromarketing, ha usato nel suo omonimo libro.
La frase è i piccoli indizi che svelano i grandi trend e riassume perfettamente il concetto di piccoli dati capaci di veicolare informazioni preziose.
I Small Data, infatti, sono dati unici relativi a persone singole e non, come i Big Data, informazioni generiche legate alle masse.
Servono per conoscere abitudini e caratteristiche di un individuo, ponendo l’attenzione sulle emozioni, gli interessi e i bisogni.
L’obiettivo è farsi un’idea precisa e affidabile dei propri potenziali consumatori, intercettandone la vita quotidiana e la sfera privata per delineare un’efficace strategia di marketing emozionale.
Secondo Lindstrom gli Small Data sono addirittura la tecnologia più potente creata nel settore del business e rappresentano il vero asso nella manica all’interno di una campagna.
Certo è che gli Small Data hanno acquisito negli anni sempre più importanza, sottolineando quanto è cruciale tenere conto dell’esperienza dell’utente per le aziende che vogliono raggiungere performance vincenti.
Grazie alla componente umana, infatti, si può capire con esattezza cosa la clientela cerca, dando vita a idee innovative con cui trasformare e rivoluzionare il brand.
Come raccogliere i dati: la teoria delle 7 C
Il motivo per cui gli Small Data sono riusciti nell’ultimo periodo a catturare l’attenzione delle aziende, è che ormai è diventato chiaro quanto incisivi e rilevanti siano i Customer Insight.
Questo tipo di informazioni sono infatti particolarmente accessibili, fruibili, facilmente comprensibili e incredibilmente preziosi.
Riescono ad adattarsi con facilità ai cambiamenti esterni, che siano evoluzioni di mercato o eventi completamente estranei, e consentono alle imprese di gestire anche i modelli produttivi più resilienti.
Per raccogliere correttamente questi dati, coglierne il valore ed esplorarne a fondo il potenziale, Martin Lindstrom ha delineato una teoria ben precisa, basata su sette passaggi e denominata Processo 7C.
Le sette C, infatti, sono:
- Collecting: è importante osservare con attenzione senza lasciarsi influenzare da alcun fattore.
- Clues: si fanno le giuste domande per cogliere elementi rilevanti.
- Connecting: si collegano gli elementi osservati, per esempio mettendo in relazione tra loro le diverse reazioni emotive.
- Correlazione: ci si chiede quando i comportamenti osservati sono nati, come sono cambiati e perché.
- Casualità: si cercano le relazioni causa-effetto.
- Compensazione: a questo punto è utile domandarsi quali sono i desideri rimasti inappagati o non del tutto soddisfatti.
- Concetto: si individua un’idea vincente in risposta ai desideri del consumatore osservato.
Il metodo si basa sul presupposto che al mondo sia possibile identificare non più di 500-1000 tipologie di persone diverse, i cui comportamenti sono influenzati da 4 fattori chiave ben specifici: il clima, il governo, la religione e le tradizioni.
Small Data vs. Big Data
Cosa differenzia quindi gli Small Data dai Big Data, ben più noti e cruciali quando si parla di strategie di marketing?
Innanzitutto i Big Data hanno a che fare con le macchine, mentre gli Small Data riguardano le persone: i primi coinvolgono le metriche, gli algoritmi e i database, i secondi sono legati a emozioni e intuizione.
I grandi dati, quindi, non sono in alcun modo influenzati dall’aspetto emozionale dell’analisi; i piccoli dati, invece, sfruttano i desideri, i pensieri e le preoccupazioni dei consumatori per comprendere meglio la realtà, giungere a nuove conclusioni e offrire risposte migliori alle esigenze del proprio target.
I Big Data, inoltre, sono caratterizzati dalle cosiddette tre V: volume dei dati, varietà dei dati e velocità dei dati.
I dati coinvolti sono infiniti, provenienti da ogni tipo di fonte, incredibilmente vari e spesso non strutturati, per questo l’obiettivo è trovare le correlazioni logiche e i pattern ricorrenti.
Con gli Small Data il ragionamento cambia e il focus si concentra sulla causalità e sulla ricerca dei perché che legano i dati.
I grandi dati, inoltre, richiedono specifiche tecnologie e competenze per essere analizzati, mentre i piccoli dati sono facili da comprendere ed esaminare, oltre a essere sostanzialmente accessibili a chiunque desideri approcciarvisi.
Quando piccoli e grandi dati lavorano insieme
Abbiamo visto che tendenzialmente i Big Data riescono ad avere un grosso impatto sul business, influiscono sulle decisioni e giocano un ruolo fondamentale quando si parla di espansione.
Gli Small Data, invece, servono a generare idee, riadattare il business e rispondere a esigenze più specifiche.
Non è detto, però, che i due tipi di dati non possano lavorare insieme per raggiungere dei risultati, anzi.
Integrare tra loro queste informazioni può aiutare le aziende a delineare strategie ancora più consapevoli, frutto di analisi più approfondite e complete.
Gli Small Data, infatti, offrono una panoramica dettagliata sulle abitudini e le preferenze dei consumatori di riferimento e sono un’ottima occasione per dare un’identità ai dati apparentemente freddi e impersonali forniti dai Big Data.
Più le informazioni sono precise e maggiormente possono essere riutilizzate da un business con efficacia.
I principali campi di applicazione
Gli Small Data sono un’ottima risorsa per conoscere meglio la propria clientela e giungere così a utili intuizioni e valide idee.
Per questo sono particolarmente indicati per le piccole imprese, che in questo modo possono conoscere il proprio target più da vicino senza affidarsi all’immenso bacino dei Big Data.
Un campo di applicazione importante per i piccoli dati è rappresentato dalle risorse umane, che sfrutta le informazioni per migliorare la vita lavorativa o gestire le competenze dei clienti.
Cosa significa nel concreto?
Un esempio è la possibilità di esaminare con che frequenza vengono usati gli strumenti per le comunicazioni interne oppure l’opportunità di definire le cause dei cali motivazionali.
Gli Small Data, inoltre, offrono un enorme contributo al marketing emozionale potenziando notevolmente il reparto vendite e forniscono utili feedback sfruttabili direttamente nei punti vendita.
Small Data nelle imprese: il caso LEGO
Per capire meglio il ruolo che gli Small Data possono avere in un business, analizziamo un celebre case study.
Per fare un esempio specifico, infatti, è utile citare il caso LEGO, l’azienda produttrice di mattoncini giocattolo famosa in tutto il mondo.
Come ricorda Martin Lindstrom il marchio decise nel 2002 di aumentare le dimensioni dei pezzi, proponendo set più semplici e intuitivi.
La scelta derivò da uno studio che decretava che le nuove generazioni evitavano i giochi complessi prediligendo i device elettronici.
La decisione si rivelò però fallimentare e le vendite calarono del 35% negli Stati Uniti.
Entrarono quindi in gioco gli Small Data ed emerse che la generazione di millenial è invece amante delle sfide e prova grande soddisfazione nell’esibire i risultati raggiunti.
LEGO produsse quindi scatole ancora più grandi con mattoncini più piccoli e le vendite furono un successo, dimostrando quanto il potere degli Small Data e dei Customer Insight sia efficace e determinante.
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