L’utilizzo dei chatbot nelle attività di customer care si sta diffondendo in maniera rapida e significativa, in particolar modo per lo sviluppo di quelli che possiamo definire i chatbot intelligenti. Oltre alle procedure RPA (Robotic Process Automation), finalizzate all’automazione delle procedure di assistenza, come il proverbiale servizio di apertura dei ticket che, se approcciato in modo corretto, il più delle volte può essere facilmente risolto senza nemmeno arrivare all’effettiva apertura dello stesso, i chatbot iniziano ad implementare funzioni conversazionali sempre più evolute.
Oltre a liberare preziose risorse umane a favore di attività più strategiche per le sorti del business, i chatbot presentano potenzialità molto interessanti anche sotto altri aspetti. L’implementazione di tecniche di Intelligenza Artificiale, ed in particolar modo di cognitive computing, consente ai chatbot di più recente evoluzione di instaurare conversazioni sempre più credibili a livello qualitativo e soprattutto di integrare la propria attività con quella di altri sistemi aziendali, tra cui i CRM (Customer Relationship Management), personalizzando l’esperienza del cliente.
I chatbot intelligenti aprono alle aziende un nuovo mondo, sia a livello tecnologico, che per quanto concerne le inedite opportunità di business che possono derivare da un loro consapevole utilizzo. Siamo soltanto agli inizi, ma le nuove prospettive del customer journey lasciano intuire potenzialità innovative assolutamente dirompenti, che vale assolutamente la pena esplorare.
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Il chatbot customer care non è più quello di una volta…
C’era una volta un chatbot che faceva anche un po’ sorridere. Tant’è che il più delle volte, dopo non aver ricevuto la risposta cercata, ci divertivamo un po’ a prenderlo in giro con domande che non era in grado di comprendere, prima di abbandonare il servizio, visibilmente insoddisfatti, e a cercare nervosamente un operatore umano su cui sfogare il proprio disappunto. Insomma, non esattamente lo scenario che coincide con la soddisfazione del cliente.
Questo problema di fondo era legato sostanzialmente per una ragione. Il chatbot era in grado di rispondere soltanto alle domande scriptate dai suoi sviluppatori, ossia previste in precedenza insieme alle risposte da comunicare al cliente. Ma non era in grado di tenere una conversazione aperta, né di comprendere anche delle leggere deviazioni rispetto agli script preimpostati.
Fino a quando si trattava di eseguire procedure guidate, rigorosamente step-by-step, o rispondere a domande che non vanno oltre le semplici FAQ, si poteva sperare di ottenere qualche risultato apprezzabile, ma appena il livello della conversazione iniziava a complicarsi, il chatbot entrava in evidente difficoltà. Non era in grado di comprendere le domande degli utenti e di conseguenza risultava del tutto incapace di offrire delle risposte adeguate. Al di là di qualche circostanza più fortunata, non c’era soluzione, si trattava infatti di un limite intrinseco nella tecnologia.
Si è trattato di un necessario step evolutivo per una tecnologia potenzialmente utile nel risolvere le procedure di assistenza online, ma incapace di risolvere sia il problema effettivo di chi utilizzava questo genere di servizi, che di instaurare una relazione credibile con un interlocutore umano, né a livello testuale, figuriamoci nella conversazione vocale che, per usare un eufemismo, ci limitiamo a definire poco naturale.
Tuttavia, l’intuizione dei vantaggi che la maturazione tecnologica avrebbe potuto comportare, ha contribuito a sostenere lo sviluppo dei chatbot per implementare esperienze via via più soddisfacenti. Il contributo fondamentale è arrivato da una serie di tecniche di Intelligenza Artificiale, in particolare quelle che rientrano nell’orbita del cognitive computing, o servizi cognitivi, dando così vita alla nuova era del Chatbot Customer Care.
Il cognitive computing per comprendere al meglio il cliente
Nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale, ci sono delle sotto branche dichiaratamente mirate alla comprensione del pensiero umano, per aiutare le macchine proprio a “pensare come l’uomo”, in modo da relazionarsi in maniera più naturale e prendere decisioni come farebbe a tutti gli effetti una persona nelle medesime circostanze.
Questo approccio forte della AI trova riscontro nelle discipline del cognitive computing, che si avvale, tra l’altro, di una tecnica di Deep Learning definita Natural Language Processing (NLP), il cui ruolo è quello di consentire una comprensione naturale del linguaggio umano per dare luogo ad interfacce conversazionali sempre più evolute a livello tecnologico e credibili nell’ambito della relazione con le persone.
Le tecnologie voice-to-text e text-to-speech, insieme ai servizi di traduzione simultanea, consentono inoltre di sfruttare l’Intelligenza Artificiale per potenziare e rendere più efficaci le interfacce dei servizi, con risultati in tempo reale, grazie alle capacità elaborative del cloud computing.
Ai servizi puramente cognitivi va aggiunta la capacità di questi sistemi nell’apprendere automaticamente dai flussi dei dati che si trovano ad analizzare. Grazie al Machine Learning è possibile migliorare progressivamente la conoscenza e le performance relazionali, imparando ad esempio a formulare al cliente domande sempre più precise, per comprendere al meglio il suo problema ai fini di risolverlo nel minor tempo possibile.
Secondo una fonte riconducibile a Data.gov, riportata da Fortune Business Insights, il mercato globale del cognitive computing era stimabile in 11,11 miliardi di dollari già nel 2019, con una previsione di crescita fino a 72,26 miliardi di dollari attesa entro il 2027, che equivale ad un incremento medio annuo pari al 26,6%.
La previsione, decisamente complessa, è stata ottenuta tenendo conto di molti degli elementi che si riferiscono al cognitive computing quale termine ombrello che comprende Deep Learning, Machine Learning, Natural Language Processing e altre tecniche di Intelligenza Artificiale, oltre agli aspetti di infrastruttura necessari per renderli disponibili a chi sviluppa le applicazioni e ai loro utenti finali (come nel caso proprio dei chatbot customer care).
Nel caso della spesa mondiale complessiva per i sistemi di cognitive computing e AI, IDC prospetta un ammontare pari a 79,2 miliardi di euro già entro l’anno in corso. L’implementazione di questo ecosistema tecnologico sarebbe pertanto ben più profondo di quanto l’utente comune riesca realmente a percepire.
Molte soluzioni presenti sul mercato sono infatti intelligenti senza darlo troppo a sapere in giro, per il semplice fatto che rendono del tutto trasparente il loro virtuosismo tecnologico, per costruire servizi semplici, intuitivi e naturali nella relazione con le persone. Oltre ai chatbot per il customer care, le tecniche di cognitive computing sono infatti già implementate con successo in altri ambiti, come la valutazione dei rischi (risk assessment), il rilevamento delle frodi (fraud detection) e l’assistenza sanitaria (healthcare assistance).
Chatbot e CRM: obiettivo customer satisfaction
Quando un chatbot intelligente riesce ad instaurare un dialogo bidirezionale con un sistema CRM le cose iniziano a farsi oltremodo interessanti. Da un lato, il chatbot si aggiunge ai canali di comunicazione in grado di fornire dati al CRM. Le sue interazioni costituiscono pertanto una preziosa fonte di dati che vengono messi a disposizione per le attività di tutte le linee di business aziendali, evitando il rischio di un dispersivo data silos e favorendo la collaborazione tra i vari reparti, per sviluppare strategie comuni per il marketing, le vendite ed il customer care.
Sul fronte opposto, il chatbot può accedere al CRM e risalire al profilo del cliente con cui entra in relazione, per ottenere preziose informazioni relative al suo storico di dati e interazioni attraverso tutti i canali aziendali connessi con il CRM stesso. Tale proprietà consente al chatbot di personalizzare la conversazione sulla base di vari elementi. Ad esempio può capire quali ordini ha effettuato il cliente e correlare tale informazione con le sue precedenti richieste di assistenza, per verificare se il cliente si è ritrovato altre volte in simili circostanze, oltre ad osservare come sono state risolte e quali sono stati i follow up.
Sulla base dell’analisi dei dati di un CRM, il chatbot può inoltre essere implementato di funzionalità ibride per consigliare eventuali acquisti più idonei a soddisfare le esigenze di ciascun cliente rispetto a quelli effettuati fino a quel momento, oppure offrirgli dei servizi capaci di migliorare in maniera significativa la sua esperienza, ai fini di fidelizzarlo e renderlo eventualmente più profittevole.
Da questi aspetti, puramente esemplificativi, si rileva soltanto la punta di un iceberg dotato di un sommerso di possibilità inesplorate, che potranno emergere grazie alla creatività delle linee di business che sapranno implementare al meglio le potenzialità delle interfacce conversazionali intelligenti.
Ancora una volta, vediamo come l’Intelligenza Artificiale non abbia quale obiettivo quello di sostituire l’attività tradizionalmente svolta dalle persone, ma di assisterla e supportarla laddove le capacità dell’uomo non sarebbero fisiologicamente in grado di arrivare, occupandosi di analizzare ed estrarre valore informativo dalle numeriche di dati sempre più consistenti che ogni giorno entrano nei flussi delle aziende nell’era del digitale.
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