
Quello dei sistemi iperconvergenti è un concetto che rimanda a un ambiente virtualizzato, completo e chiavi in mano. Un framework IT che coniuga storage, potenza di calcolo e network in un unico sistema.
E, oggi, le aziende a questi framework chiedono, in primis, di implementare e semplificare le piattaforme di infrastruttura desktop virtuale – notoriamente complesse – utilizzate, ad esempio, per il lavoro da remoto.
A sottolinearlo è Christian Perry, analista in materia di infrastrutture IT presso 451 Research e autore dell’indagine “Voice of the Enterprise: Hyperconverged Infrastructure: Technology & Platform Innovation 2020“.
Un secondo punto sul quale insiste Perry è che gli investimenti in sistemi iperconvergenti, nel corso di questo 2021, sono destinati a crescere. Per un motivo semplice: le organizzazioni che, in passato (soprattutto nel 2020, anno dello scoppio della crisi pandemica), hanno investito in questa tecnologia, oggi ne colgono tutto il potenziale e i tutti i vantaggi.
Ma guardiamo insieme la fotografia che emerge dall’indagine.
Indice dei contenuti
Sistemi iperconvergenti, la pandemia come motore per la crescita del mercato
Un primo dato di rilievo che affiora dal documento è quello che vede l’adozione dell’Hyperconverged Infrastructure (HCI), i sistemi iperconvergenti, a circa il 35% del mercato IT complessivo, con – in aggiunta – una percentuale significativa di clienti che stanno testando la piattaforma o che ipotizzano di adottarla nel prossimo futuro.
A questi numeri importanti, inoltre, si aggiunge quello delle organizzazioni che attualmente utilizzano i sistemi iperconvergenti e che prevedono, nel 2021, di aumentare, in media, del 50%, rispetto al 2020, i budget a loro riservati.
Nell’interpretare queste linee, l’attenzione dell’analista va subito alla pandemia da Covid, vista, in questo caso specifico, come “motore” che ha dato impulso all’adozione della tecnologia HCI da parte delle imprese.
La scorsa primavera, all’esordio dell’epidemia mondiale – si legge nel Report – mentre le aziende di ogni dimensione e settore di appartenenza si affrettavano ad attrezzare le proprie attività per il lavoro a distanza, alcune di loro hanno scoperto di poter essere rapidamente operative ricorrendo ai sistemi iperconvergenti. E questo è stato solo l’inizio.

A tale proposito, Christian Perry fa notate che, Negli Stati Uniti, alcune agenzie governative hanno deciso di adottare sistemi iperconvergenti proprio nel 2020, in risposta al Covid-19. E che i dipartimenti di Polizia, ad esempio, nell’ultimo anno, si sono avvalsi di questa tecnologia per monitorare da remoto le manifestazioni e le proteste pubbliche da parte di alcune categorie professionali duramente colpite dai ripetuti lockdown.
Ma, tornando alle realtà aziendali e al business, quello che emerge dall’indagine è che gli investimenti in infrastrutture iperconvergenti vengono spesso implementati strategicamente a corredo di progetti IT specifici.
Ne è una riprova il fatto che il 36% delle organizzazioni intervistate – si legge nel documento di 451 Research – ha fatto riferimento a nuove iniziative IT come alla leva principale dell’aumento di investimenti in tecnologie HCI; mentre un altro 15% ha affermato che gli investimenti programmati in iperconvergenza facevano comunque parte di un più ampio aggiornamento dell’infrastruttura.
I fattori che trainano gli investimenti in HCI
Dietro la crescita di adozione dei sistemi iperconvergenti ci sono essenzialmente fattori come la scalabilità, il networking e la mobilità dei carichi di lavoro del cloud ibrido – tutte caratteristiche che appartengono alle infrastrutture iperconvergenti – ad attrarre le aziende.
In particolare, la scalabilità – intesa come possibilità di potenziare le capacità di elaborazione o di archiviazione senza tempi di inattività e come investimenti diluiti nel tempo – rappresenta la caratteristica principe, quella che funge da guida verso l’iperconvergenza, con il 50% delle imprese intervistate che la identifica come elemento chiave della loro scelta. Elemento divenuto decisivo sempre nel 2020, quando le organizzazioni si sono viste costrette – in pieno scoppio della pandemia – ad accelerare i tempi della trasformazione digitale già avviata al loro interno.
Sotto il profilo tecnologico, oltre alla scalabilità, tra i fattori che trainano gli investimenti in tecnologie HCI vi sono il networking (43%) e la mobilità dei carichi di lavoro del cloud ibrido verso cloud pubblici e/o privati (42%).
Nell’indagine si fa riferimento anche un aspetto critico dell’Hyperconverged Infrastructure, che ha a che vedere, in particolare, con i suoi consumi energetici.
La virtualizzazione consente, in realtà, di tenere ben d’occhio i consumi – che vengono misurati in relazione alla scalabilità del sistema – e di ridurre quelli che sono i costi legati allo spazio fisico e all’alimentazione hardware.
Eppure, sebbene, alcuni responsabili IT affermino che i sistemi iperconvergenti consentano di risparmiare energia rispetto a un’infrastruttura autonoma a tre livelli, il 41% degli intervistatati che li utilizza riferisce, invece, che questi hanno aumentato i consumi energetici di alimentazione del data center. Mentre, il 31% spiega, invece, di averli ridotti e il 28%, infine, di non aver riscontrato alcun effetto del genere.
I vantaggi concreti per le aziende
Peculiarità e aspetti positivi a parte, in che modo, oggi, l’iperconvergenza è concretamente in grado di aiutare quelle aziende in difficoltà nella gestione dei data center?
Iniziamo col dire che l’Hyperconverged Infrastructure è un modo per rendere più semplice, più agile, la gestione di un’infrastruttura complessa, riuscendo così a sovrintendere ad attività come, ad esempio, archiviazione, backup e ripristino di emergenza, da un unico pannello di controllo.
Questo è reso possibile grazie a una combinazione di tecnologia di virtualizzazione e di gestione unificata: la prima permette di trattare le risorse di elaborazione, archiviazione e rete come “raggruppate” tra loro; la gestione unificata, invece, consente a tutte quelle risorse di essere analizzate, organizzate in gruppo, divise per prestazioni e fornite, indipendentemente da dove si trovano fisicamente.
Ma, oltre a contenere meno apparecchiature fisiche e rendere la gestione più agile, i sistemi iperconvergenti forniscono tutta una serie di vantaggi all’ambiente IT e all’azienda nel suo complesso.
Innanzitutto, l’HCI è una forma di infrastruttura software scalabile e integrata, che applica un approccio modulare alla capacità di elaborazione, rete e archiviazione.
In un’infrastruttura di questo tipo, dunque, i carichi di lavoro rientrano nello stesso spazio amministrativo, semplificando così la migrazione dei carichi da una posizione all’altra.
Rispetto, poi, a un’infrastruttura tradizionale, aspetti come affidabilità e sicurezza, backup, recupero dei dati e disaster recovery, risultano più puntuali ed efficienti, grazie alla possibilità di reagire rapidamente tramite il pannello centrale di amministrazione.

La chiave, in questo caso, è la sicurezza centralizzata: l’hypervisor (in italiano conosciuto come “ipervisore”, ossia la componente centrale di un sistema basato su macchine virtuali) offre protezione dell’intero apparato e scudi di protezione per le macchine virtuali.
C’è, infine, da aggiungere che, poiché ci sono meno attrezzature da acquistare e da mantenere, i costi complessivi per supportare un data center iperconvergente sono inferiori, risultando così un modello economico accessibile a molte aziende.
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