
A partire dal 2020, a causa dei lockdown innescati dalle misure di contenimento della pandemia Covid-19, il lavoro da remoto ha iniziato a diventare una pratica sempre più diffusa, variando l’organizzazione e le dotazioni necessarie per consentire a tutti gli stakeholder di accedere alle risorse IT al di fuori del tradizionale perimetro aziendale.
Dopo una breve premessa circa le varie modalità di lavoro che si sono delineate, in questa sede ci occuperemo soprattutto delle fasi di lavoro da remoto, cercando di capire come i lavoratori possono trarre la miglior esperienza grazie ad alcune semplici best practice comportamentali. Ci concentreremo infine sugli aspetti IT a cui è necessario porre attenzione per garantire che il lavoro remoto avvenga in modo sicuro ed efficiente dal punto di vista operativo.
Indice dei contenuti
Remote working, lavoro ibrido e smart working
Il glossario delle organizzazioni di lavoro aziendali si arricchisce molto spesso di buzzword spinte molto spesso dall’hype mediatico su un determinato aspetto che non dalla descrizione del loro effettivo significato. Capita ad esempio di confondere spesso il lavoro da remoto (remote working) con il telelavoro e di interpretare il concetto stesso di smart working in maniera piuttosto distante dalla sua connotazione effettiva. Per fortuna, almeno in questo caso, la realtà è più semplice rispetto a quanto talvolta la si voglia far sembrare.
Il remote working si riferisce alle fasi in cui il lavoratore opera al di fuori dalla tradizionale sede aziendale: a casa, presso soggetti terzi, in spazi co-working o in contesti più particolari, come il cosiddetto nomad working. In queste fasi, il dipendente non è connesso dall’interno alla rete aziendale necessita di accedere appunto da remoto alle risorse aziendali per poter svolgere il proprio lavoro.
Il lavoro ibrido è una combinazione di lavoro da remoto e lavoro in ufficio, che prevede pertanto un’infrastruttura IT capace di consentire ai lavoratori di disporre dei dati e delle applicazioni ovunque si trovi e in qualsiasi momento.
Lo smart working si riferisce ad un altro concetto, meno fisico e più organizzativo, che prende le distanze dalle canoniche otto ore dal lunedì al venerdì, a prescindere dalla presenza in ufficio o al lavoro da remoto. Nella sua dimensione più pura, lo smart working coincide con il lavoro per obiettivi, responsabilizzando il lavoratore nei tempi e nei modi con cui riuscirà ad ottenere i risultati prefissati, sulla base di un impegno flessibile.
Il lavoro ibrido e da remoto, dall’occasione alla regola: cosa dicono i sondaggi
Il 2020 è stato l’anno dei lockdown forzati, in cui si è fatto del lavoro da remoto di necessità virtù, il più delle volte per garantire la sopravvivenza stessa delle aziende e la garanzia dei servizi pubblici fondamentali per il cittadino, pur con tutti i pro e i contro di quella che molte volte è stata pura e semplice improvvisazione.
Il 2021 è stato l’anno della crescita della consapevolezza, in cui molti hanno compreso come il lavoro da remoto e il lavoro ibrido, ottimizzando i tempi relativi agli spostamenti, oltre a consentire di bilanciare meglio i tempi del lavoro con la vita privata, abbiano in molti casi migliorato la produttività complessiva, oltre a consentire un sensibile risparmio a livello logistico per quanto concerne le dotazioni di spazi ufficio, sia per quanto riguarda le locazioni che il mantenimento.
Il 2022 è l’anno in cui il new normal inizia a prendere concretamente forma. La mitigazione delle conseguenze cliniche del Covid-19 a partire dalle varianti Omicron consente a molte aziende di favorire il rientro in ufficio dei propri dipendenti. Si stanno pertanto delineando vari approcci strategici. Dalle posizioni maggiormente integraliste, che prevedono il rientro integrale in ufficio a quelle più flessibili ed orientate al lavoro ibrido. Non mancano, infine, le aziende che, almeno per quanto concerne l’attività di alcune linee di business, meno vincolate alla presenza fisica, hanno optato per una formula che prevede il 100% di lavoro da remoto.
Insomma, la parola d’ordine nel futuro del lavoro pare essere la flessibilità, con il lavoro da remoto destinato a diventare una costante nell’economia globale delle risorse umane e delle condizioni operative che comporta.
Gli studi e i sondaggi sul tema del future of working ormai si sprecano. Il Future Forum Pulse Survey, edito nel gennaio 2022 ha coinvolto oltre 10mila lavoratori in Europa, Asia, Australia e Stati Uniti, identificando il lavoro ibrido come la formula in generale più apprezzata, con il 68% dell’indice di gradimento, con il 58% che afferma di lavorare secondo queste modalità secondo gli accordi previsti con l’azienda.
Tra le qualità più apprezzate del lavoro ibrido e del lavoro 100% da remoto vi sono un miglior bilanciamento tra lavoro e vita privata, un minor stress generale e una maggior soddisfazione complessiva, con il 78% degli intervistati che sostiene di apprezzare la flessibilità del luogo di lavoro, mentre addirittura il 95% riconosce la qualità principale nel poter organizzare al meglio il proprio tempo.
Non vi sarebbe pertanto dubbio su quella che è la modalità di lavoro più apprezzata dai dipendenti, al punto che, secondo una ricerca svolta da Microsoft e YouGov al termine del 2021, stima che il 51% dei lavoratori inglesi sarebbe disposto ad abbandonare immediatamente la propria occupazione, qualora la propria azienda dovesse cessare di consentire almeno una quota parte di lavoro da remoto.
L’indagine ha rilevato come un passo indietro in tale direzione potrebbe avere pesanti ricadute per le aziende a livello di efficienza. L’assenza dei benefici del lavoro ibrido / da remoto causerebbe il rischio di perdere talento (38%), un impatto negativo diretto sulla produttività (25%), sul benessere fisico e mentale (24%) a causa di un burnout (23%), provocando su più fronti un’oggettiva difficoltà nel rimanere attrattivi rispetto ai competitor che favoriscono formule di lavoro ibride (23%).
Molto interessante anche quanto emerge dal lavoro da Unpacking The Hype About The Great Resignation, svolto da Forrester quale momento di indagine sul chiacchieratissimo fenomeno delle grandi dimissioni.
Secondo il celebre analista americano, la forza lavoro IT soffriva già di un’evidente lacuna di talento già prima della pandemia e la possibilità di lavorare da remoto avrebbe in pratica offerto ai lavoratori il proverbiale coltello dalla parte del manico, ampliando nettamente la possibilità di scelta rispetto al tradizionale contesto locale, vincolato alla prossimità fisica.
In altri termini, la possibilità di lavorare da remoto ha offerto ai migliori talenti la possibilità di strappare contratti migliori, negoziando a proprio favore le condizioni di lavoro rispetto al periodo pre-pandemico. Secondo Forrester, le aziende che non riescono, per varie ragioni, a garantire almeno una certa flessibilità starebbero assistendo ad una vera e propria emorragia di talento, che si dimette per andare alla ricerca di opportunità più interessanti dal punto di vista del bilanciamento lavoro / vita privata.
Lavorare bene da remoto: una questione di autodisciplina
Se non c’è dubbio che, sotto vari aspetti, lavorare almeno alcuni giorni della settimana da remoto costituisca un elemento favorevole al benessere del dipendente e alla qualità del lavoro, per garantire quest’ultimo occorre organizzarsi in maniera efficiente. Si tratta di una condizione tutt’altro che scontata, soprattutto quando si lavora da casa, in una situazione di promiscuità con la vita privata che non sempre agevola la necessaria disciplina da garantire nei confronti dei task che si è chiamati a svolgere. Tuttavia, è semplice dimostrare una certa attenzione per alcune best practice, ai fini di migliorare in maniera consistente la qualità e la soddisfazione nel lavoro da remoto.
Disporre di strumenti adeguati e dispositivi dedicati se possibile soltanto al lavoro
Le dotazioni hardware e software costituiscono un elemento fondamentale per lavorare in maniera confortevole ed efficiente. Molto spesso, specie nel primo lockdown, molti lavoratori si sono ritrovati a lavorare da casa con mezzi propri, facendo un utilizzo promiscuo che non agevola certamente la produttività e la sicurezza del proprio operato.
Lavorare da casa va bene, ma occorre essere organizzati per evitare improduttivi colli di bottiglia. Tale osservazione vale nello specifico anche per quanto concerne gli spazi di lavoro, dal momento che anche entro le mura domestiche sarebbe opportuna una postazione dedicata e libera da fonti di distrazione che possono provenire dall’ambiente famigliare.
Un aspetto a cui va dedicata la necessaria attenzione quando si opera prevalentemente da remoto è la qualità della propria connessione ad internet e dei dispositivi di comunicazione che vengono utilizzati per interfacciarsi con i software di collaborazione come Teams, Zoom o Webex.
Purtroppo capita spesso di ritrovarsi in riunioni con persone che hanno utilizzano webcam e microfoni di bassa qualità o connessioni non affidabili. Oltre a penalizzare la comunicazione, aumentando il livello di stress nelle conversazioni, tale deprecabile atteggiamento esprime una evidente carenza di professionalità che, soprattutto nel caso delle relazioni con soggetti terzi, rischia di offrire un’immagine negativa all’azienda stessa.
Liberarsi dalle distrazioni dell’ufficio
Il lavoro da remoto, in particolare quello da casa mette al riparo dalle distrazioni che possono intervenire in ufficio, soprattutto nei contesti che non spiccano per quanto riguarda la qualità dell’organizzazione. Molti lavoratori, intervistati nei vari sondaggi, affermano di concentrarsi maggiormente sul lavoro da casa rispetto alle situazioni che si creano in ufficio, a contatto con gli altri colleghi.
Molti lamentano soprattutto il fatto che in ufficio si è spesso chiamati fisicamente per riunioni o richieste, che causano una continua interruzione delle fasi operative. Da remoto è invece possibile organizzare e pianificare tali momenti in modo da trovare il necessario equilibrio tra le fasi operative e quelle relazionali.
Ottimizzare i tempi del lavoro all’interno della giornata
L’organizzazione del proprio tempo è uno degli aspetti più soggettivi tra quelli che riguardano il lavoro da remoto, in particolare se rientra nel contesto dello smart working propriamente detto, in cui il lavoratore non è tenuto a seguire un orario standard, ma può dirsi libero di organizzare la propria attività in funzione del raggiungimento degli obiettivi prefissati con l’azienda.
Alcuni lavoratori preferiscono concentrare le fasi operative nelle ore del mattino, quando si ritengono più freschi e produttivi, demandando al pomeriggio le fasi di riunione. Ma ciò non costituisce ovviamente una regola assoluta. L’importante è darsela, una regola, onde evitare di farsi trascinare in maniera caotica dagli eventi quotidiani.
In questi casi è pertanto consigliabile, almeno in un primo momento, la ricerca di una routine da perfezionare sulla base dell’esperienza. Soprattutto quando si lavora da casa, è ad esempio possibile sfruttare a proprio vantaggio la sinergia con le attività del tempo libero. Un caso frequente è dato dallo svolgimento di attività fisica prima di iniziare la giornata lavorativa. Una condizione che aumenta il livello di energia e benessere, ma che più complesso far coincidere con una ruotine vincolata al lavoro in ufficio.
Mantenere un adeguato livello di socialità grazie al lavoro ibrido
Se il corretto bilanciamento tra lavoro e vita privata è la qualità più importante del lavoro da remoto, tale condizione può generare alcune criticità, se non si è in grado di raggiungere un buon livello di equilibrio, tendendo ad isolarsi eccessivamente nell’ambiente famigliare, per quanto piacevole questo possa rivelarsi.
Questo aspetto viene messo particolarmente in evidenza per quanto concerne le professioni creative, che richiedono momenti di brainstorming e comunione con gli altri stakeholder impegnati sui progetti.
In alcune situazioni, il contatto umano rimane assolutamente fondamentale ai fini di garantire una qualità ottimale per il lavoro che si è chiamati a svolgere. In tali contesti, il lavoro ibrido si rivela la dimensione ottimale per conciliare i benefici del lavoro da remoto con la mutualità del tempo trascorso in ufficio con i propri collaboratori. Tornando a quanto espresso in precedenza, anche in questo caso, occorre disciplinare il proprio tempo, riservando appositi spazi alle riunioni, in modo da assicurare la necessaria continuità alle fasi puramente operative.
Il ruolo della cloud adoption nel lavoro ibrido: il SaaS per lavorare ovunque e in sicurezza
Il primo effetto a cui abbiamo assistito nel 2020, quando la maggior parte dei lavoratori si sono visti negare l’accesso al tradizionale ufficio, dovendo pertanto svolgere da casa le proprie mansioni, è stata una profonda rivoluzione dell’organizzazione IT, dapprima nell’emergenza, in seguito nella routine.
La pandemia ha indubbiamente accelerato in maniera drastica i processi di trasformazione digitale in atto, oltre a spronare le aziende che ancora non si erano mosse in tale direzione. Ovviamente, le realtà che erano già dotate di un modello IT funzionale allo smart working sono quelle che hanno riscontrato un maggior vantaggio competitivo, essendo già pronte per assorbire tale shock.
La condizione di dover garantire ovunque ed in qualsiasi momento la piena disponibilità ai dati e alle applicazioni fa del cloud, ed in particolare del Software-as-a-Service, l’ambiente più congeniale per rimodellare la propria infrastruttura IT, rendendola più agile, semplice da gestire e soprattutto scalabile in funzione del variare dei carichi di lavoro generati dagli andamenti del business.
Grazie al SaaS, non è necessario installare nulla in locale, pertanto la responsabilità rimane limitata agli aspetti relativi all’autenticazione e alla condivisione dei dati. Mediante il login attraverso un browser web, i dipendenti possono avere a disposizione tutto ciò che occorre loro per lavorare da remoto, in piena conformità con le autorizzazioni di cui dispongono, secondo quanto previsto dalle policy aziendali.
Non bisogna inoltre trascurare i problemi relativi alla sicurezza informatica. L’aumento globale delle attività online ha generato un drastico incremento del volume di dati nella rete, attirando le attenzioni dei malintenzionati. Il crimine informatico ha infatti conosciuto una crescita molto significativa, favorito dal fisiologico aumento della superficie di attacco delle infrastrutture IT aziendali.
Oltre a mettere in sicurezza l’infrastruttura stessa, risolvendo le vulnerabilità latenti, le aziende devono garantire la sicurezza dei device e degli account che accedono ai loro servizi, dall’interno e soprattutto dall’esterno. È quindi indispensabile fare si che ogni dispositivo che tenta di accedere alla rete aziendale dall’esterno venga autenticato ed è altrettanto cruciale sviluppare una corretta cultura di igiene informatica.
Oltre alle disposizioni tecniche ed organizzative in ambito IT, le aziende devono necessariamente prevedere dei momenti di formazione utili a sensibilizzare i propri dipendenti in materia di sicurezza informatica, onde evitare che banali errori finiscano per aprire la proverbiale porta al ladro, generando situazioni da cui possono derivare danni economici e reputazionali anche piuttosto ingenti, soprattutto quando gli attacchi si traducono in una violazione dei dati riservati (data breach) e in un’interruzione dei servizi erogati.
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